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Preda Rossa (scorri la gallery!)
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Preda Rossa, la piana superiore
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Preda Rossa, la piana superiore
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Preda Rossa, il corso del Duino
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Un larice a valle della piana superiore di Preda Rossa
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Rifugio Cesare Ponti al cospetto del monte Disgrazia
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Val Masino, foliage verso la testata della valle Zocca
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Cima di Cavalcorto
Autunno

Preda Rossa

E’ un vero e proprio trionfo di colori quello che regala la val Masino, una laterale della Valtellina che si apre verso nord pochi chilometri dopo Morbegno e prima di Sondrio.
La val Masino è famosa per i suoi colossi di granito: il Pizzo Badile (alto 3308 metri ed impressionante dal versante italiano ma ancor di più da quello svizzero dov’è visibile fin dal fondovalle ed incornicia spettacolari vedute del borgo di Soglio, uno dei più belli della Svizzera) ed il Cengalo (3369 mslm) su tutti, anche se sarebbe un errore trascurare cima Castello, i tre Pizzo Torrone, cima Sissone e le altre montagne che rendono unico lo skyline che chiude a nord la vallata.
La valle, però, è celebre anche per i panorami offerti dalla val di Mello che, in estate, è presa d’assalto dai turisti vista la comoda accessibilità del suo fondovalle dove si possono apprezzare le acque cristalline di un laghetto sfortunatamente noto con il nome di “bidet della Contessa”.
Sul nostro sito, visitando le pagine dedicate al trekking in bassa Valtellina e val Masino (clic), i camminatori più allenati trovano la descrizione di escursioni impegnative, dirette a tre rifugi di grande impatto: il rifugio Omio in valle dell’Oro (2100 mslm, due ore e mezza da Bagni di Masino), il rifugio Gianetti (2534 mslm, tre ore e mezza da Bagni di Masino) ed il rifugio Allievi Bonacossa (2388 mslm, quasi quattro ore dal parcheggio per la val di Mello).
Ben più accessibile, però, risulta la destinazione autunnale più scenografica, la valle di Preda Rossa, un vero paradiso dove il torrente Duino scorre letteralmente sinuoso (disegna, infatti, una sorta di “sinusoide”) in una piana erbosa cinta dai larici - che in autunno regalano colorazioni sempre nuove e ogni giorno diversamente incantevoli - e dominata dalla sagoma del monte Disgrazia che, nonostante l’aspetto poco slanciato offerto da questo suo versante, è una delle cime principali della Valtellina centrale: è alto 3678 metri!


Alla piana di Preda Rossa si arriva comodamente in auto: attenzione, però.
La strada, che gode di un’ingiusta cattiva fama probabilmente guadagnata dal tracciato che si percorreva prima dell'attuale, modificato a seguito di una frana, è riservata a cinquanta veicoli al giorno ed è pertanto necessario registrare la propria targa sul sito https://valmasino.travel/ prenotando l’accesso al costo di dieci euro (tariffa 2021). E’ comunque possibile partire a piedi da località Valbiore, impiegando un’ora abbondante in salita.
Una volta giunti al parcheggio, a 1995 metri di altitudine, non resta che passeggiare ammirando lo spettacolo offerto dalla natura. Lo scenario è tipicamente alpino e caratteristico delle valli “pensili” ovvero quelle valli che, per effetto delle glaciazioni, si trovano ad alternare tratti quasi pianeggianti a gradoni scoscesi: molti, per esaltare questa visione, accostano Preda Rossa a panorami nordamericani.


Anche se a Preda Rossa si arriva con facilità, gli scorci migliori si guadagnano con un po’ di fatica. Pochissima se si sceglie il punto panoramico posto meno di cinquanta metri più in alto della piana (indicazioni lungo il sentiero per il rifugio Cesare Ponti, a circa metà della piana, 15-20 minuti di cammino dal parcheggio).
Un po’ più faticoso è seguire il sentiero per il rifugio Cesare Ponti e raggiungere una piana superiore, più piccola ma altrettanto piacevole, posta a circa 2100 metri di quota. Tra le due piane, il torrente, dopo essersi adagiato, riprende il corso impetuoso tra rapide e cascatelle.
Ancora più faticoso, ma ancora più bello, risulta il panorama offerto dal sentiero che sale al rifugio Cesare Ponti. Oltre la piana superiore prende quota con decisione, soprattutto all’inizio, ma una volta raggiunta quota 2300 mslm, circa, sale con più moderazione e consente di soffermarsi sia sul bucolico panorama di Preda Rossa sia sull’ambiente post-glaciale alle falde del monte Disgrazia. Il rifugio Cesare Ponti, chiuso da fine settembre, si raggiunge in circa due ore dal parcheggio di Preda Rossa: arrivarci può essere un’idea per scaldarsi dal momento che Preda Rossa rimane in ombra fin verso le ore 11 (a fine ottobre) e non è raro trovare temperature intorno allo zero con estese gelate!
I dettagli della salita al rifugio Cesare Ponti sono raccontati qui (clic).



E chi pedala? Meglio partire al pomeriggio, quando la strada è più soleggiata. Si sale da Filorera (indicazioni dalla provinciale verso via Moss) a Preda Rossa colmando millecento metri di dislivello in circa dodici chilometri. Pendenze molto diseguali, con cambi di ritmo, tornanti e qualche tratto dissestato. Fondamentale una torcia per affrontare una galleria davvero buia, pur se breve.
Più dettagli visitando la nostra pagina dedicata alla bicicletta in bassa Valtellina e val Masino (clicca).
Questa strada fu realizzata negli anni Sessanta quando l’Enel mise gli occhi sulla valle di Preda Rossa per costruirvi un grande bacino idroelettrico: fortunatamente non se ne fece nulla. Rimase però la strada che oggi, con un tragitto modificato a seguito di numerose frane, è proprietà del comune di Valmasino.
Punto intermedio è l’Alpe di Sasso Bisolo, a 1450 metri. Qui, nei periodi di apertura, si può contare sul rifugio Scotti, unico punto d’appoggio dopo Filorera (per informazioni, tel. 347/7841605).



Qualche curiosità.
Il nome Preda Rossa è una voce dialettale per indicare la “pietra rossa”. In valle, infatti, s’incontrano il granito del Plutone del Masino e le serpentiniti della val Malenco che donano alle pareti le tinte rossastre alla base del toponimo.
Sulla conformazione attuale delle valle, e sui suoi colori, aleggiano però diverse leggende di antica origine.  Pare, infatti, che i pastori, custodi di boschi e pascoli rigogliosi, non vollero accogliere un umile vagabondo. Costui, in realtà, era Cristo sotto mentite spoglie, desideroso di verificare la bontà d’animo di valligiani così fortunati. Visto il loro egoismo scatenò la collera divina: dal fianco dei monti Sasso Arso e Corni Bruciati piovve una quantità incredibile di massi infuocati. Il fuoco ed il sangue tinsero di rosso le rocce. Si racconta che lo stesso nome della montagna più importante, Disgrazia, derivi da quell’evento.
Anche qui, però, ci sono ipotesi più … scientifiche. La montagna non deve il suo nome a tragici eventi ma alla presenza del ghiaccio: “desgiazza” cioè “de-ghiaccia” o “di ghiaccio”.


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