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Torrechiara (scorri la gallery!)
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Bardi ed il suo castello
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Un'altra immagine di Bardi
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Bardi, dal castello alle colline
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Scorci dal castello di Bardi
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Bardi, in centro
Emilia Romagna

Il Parmense

Patria del cavallo bardigiano, il territorio delle valli di Taro e Ceno è uno dei più interessanti e "montani" della provincia di Parma.
Bardi è uno dei centri principali, altri sono Berceto o Borgo Taro o Varano de' Melegari: abitato sin dal Paleolitico, il territorio di Bardi fu popolato in modo sparso dai Romani ed in seguito da sperduti guerrieri longobardi: questi ultimi, appartenenti alla popolazione degli "arimanni", diedero nome al castello ed a diversi toponimi del circondario.
Attorniato dalla Silva Arimannorum, si sviluppò dunque il villaggio di Bardi.
A dire il vero Bardi è un nome che ha dato adito a varie leggende, tra cui quella che derivasse da Barrio o Barrius, l'ultimo elefante di Annibale, morto sulle rive del Ceno.
Il castello si sviluppò per difendersi dalle frequenti scorrerie degli Ungari e crebbe con il tipico fenomeno dell'incastellamento.
Isolato, il territorio di Bardi conservò la sua autonomia nei confronti di abbazie e monasteri fino a metà del IX secolo: risale all'898, infatti, un documento che sancisce l'acquisizione di metà castello da parte del Vescovo di Piacenza.
Il castello fu sede di numerosi scontri e teatro di momenti storici significativi: nel XVI secolo venne anche dichiarato marchesato dall'Imperatore Carlo V.
La decadenza invece incomincia con il passaggio sotto i Borboni di Parma (1764), in seguito passa ai Francesi (1802) e poi a Maria Luigia d'Austria (1816).

Altri castelli collinari a Varano Melegari e Pellegrino Parmense. Quest'ultimo è uno dei più antichi del Parmense e dalla sua fortunata posizione domina paese e valle dal colle sul quale è stato costruito. "Fu innalzato originariamente nel 981 per volere di Adalberto di Baden, capostipite dei Pallavicino, e ricostruito completamente nel 1198 dal marchese Guglielmo; conquistato nel 1438 da Niccolò Piccinino, capitano delle truppe del duca di Milano Filippo Maria Visconti, il maniero fu rinforzato da Francesco e Jacopo Piccinino; espugnato nel 1449 dal condottiero Alessandro Sforza, fu assegnato nel 1472 a Lodovico Fogliani, capostipite dei Fogliani Sforza, che lo mantennero fino al 1759, quando l'ultimo marchese Giovanni lo cedette al nipote Federico Meli Lupi di Soragna; alienato alla famiglia Boccoli in seguito ai decreti napoleonici del 1805 relativi all'abolizione dei diritti feudali, passò nel 1817 ai Pettenati, che lo rivendettero durante la Prima Guerra Mondiale spogliandolo di ogni arredo. Seguì un periodo di decadenza: venne utilizzato per anni come falegnameria, fu nuovamente alienato dopo la Seconda Guerra Mondiale dapprima a Carlo Raggio, quindi ai Bottego, ai Tomelleri, che ne avviarono i primi importanti interventi di restauro, e infine dopo il 1990 all'imprenditore Camillo Catelli, che completò i lavori recuperando anche la cappella e la torre e arredò con mobili antichi le sale (da www.wikipedia.org)".
Bore invece non presenta castelli ma è articolato su un gruppo di borghi costruiti in modo tale da costituire, in passato, un sistema fortificato "diffuso". Un esempio abbastanza unico.
Per quanto riguarda la val di Taro è da segnalare soprattutto il passaggio dell'antica Via Francigena che sfiora luoghi molto suggestivi, siano essi naturali o creati dall'ingegno umano.
Tra questi i Salti del Diavolo, affascinanti affiorazioni rocciose della zona di Cassio, o gli edifici sacri e civili dei centri principali come Berceto o Fornovo.
Sempre in val di Taro si incontra Albareto, porta per la val Gotra: è la patria del fungo porcino che viene poi celebrato nel maggiore centro dell'alta valle, Borgo val di Taro (o Borgotaro). In queste zone è particolare la tradizione culinaria che fonde elementi parmigiani, toscani e liguri.

Non solo val di Taro e val di Ceno, comunque. La montagna parmense offre altre destinazioni poco note fuori dai confini dalla provincia  ma comunque meritevoli di una deviazione. Tra le tante occasioni di scoperta, il castello di Torrechiara, poco a valle di Langhirano, sulle prime colline.
Il nome suggerisce dolcezza ma deriva in realtà dal "torchio", un attrezzo utile per la produzione del vino. Su queste colline, infatti, sono diffusi i vigneti da cui nascono tre vini D.O.C.
Il castello, ben conservato nell'architettura ma purtroppo depredato da proprietari in rovina nel corso del Novecento, è un maniero di origine quattrocentesca voluto da Pier Maria Rossi, già fondatore di Roccabianca - tra il Taro ed il Po - ed erede della casata che costruì anche la rocca di San Secondo, sempre in provincia di Parma.
Una visita a questo castello - come agli altri citati, ed ancora alle rocche di pianura come Busseto, Fontanellato o alla reggia di Colorno - è un bel tuffo nel Medioevo ed una passeggiata sulle mura perimetrali regala vasti panorami sulla pianura e la prima collina parmense.

Oasi dei Ghirardi
L'Oasi del WWF copre un territorio di circa 600 ettari, tra boschi, prati e coltivi mantenuti "come una volta" per volere dei proprietari che nel 1979, d'accordo con la Provincia, hanno istituito l'Oasi.
Il territorio è molto vivace: boschi di castagni, alberi di cerro, tigli e genziane, querceti, piccoli rivi, canyon e calanchi, piccoli stagni.
L'Ecomuseo del Bosco comprende due sentieri: il Sentiero Natura ed il Sentiero Botanico-Forestale. Tre sono le aree faunistiche, legate ai loro abitanti: il capriolo, la puzzola ed il gatto selvatico. Non mancano esemplari di daini, cinghiali e settantotto specie di uccelli nidificanti.
Per informazioni: oasideighirardi@hotmail.com

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