dimenticate i Monti Pallidi, la dolomia fu scoperta altrove, ai confini con l'Austria
Molti sanno che il termine Dolomiti deriva dal cognome del naturalista francese Dèodat de Dolomieu ovvero colui che scoprì la particolare composizione geologica della roccia che le caratterizza: carbonato doppio di calcio e magnesio. I primi a chiamare Dolomiti queste montagne, che si estendono "a macchia di leopardo" dalla val Rendena al Friuli Venezia Giulia, furono però alcuni alpinisti inglesi che - nel 1875 - diedero alle stampe un libro per raccontarne la conquista.
E il termine "entrò in voga" solo dopo la Grande Guerra.
Pochi sanno, invece, che la "dolomia" non fu affatto scoperta in uno dei gruppi che oggi conosciamo come dolomitici ma alle falde di una montagna molto meno famosa e celebrata, distante dalle Odle e dal Sella, dal Brenta e dalle Tofane. Il naturalista francese, infatti, raccolse alcuni pezzi di roccia ai piedi del Tribulaun di Fleres, in una laterale dell'alta val d'Isarco, a due passi da Vipiteno e dal passo del Brennero. Notò che, a contatto con l'acido cloridrico, queste rocce producevano un'effervescenza diversa, meno vigorosa, del normale calcare.
Richiesto di un parere, l'esperto di mineralogia Nicolas de Saussure accertò che si trattava di un minerale sconosciuto, costituito appunto da carbonato doppio di calcio e magnesio, e gli diede il nome dolomia per omaggiarne lo scopritore. Lo stesso scopritore, modestamente, aveva inizialmente proposto il nome Tyrolensis, che fu scartato perché il minerale si trovava anche fuori dal Tirolo, per poi virare su Saussurite, in onore del padre di Nicolas, primo salitore del Monte Bianco. Nel 1792, Nicolas de Saussure rese definitivamente immortale Dolomieu utilizzando il nome dolomia nel suo libro dedicato al nuovo minerale.
Le Corbusier (architetto, urbanista, pittore e designer svizzero) definì le Dolomiti come “la più bella architettura naturale del mondo”.
Dino Buzzati, scrittore e pittore italiano, dipinse il Duomo di Milano ispirandosi alle vette dolomitiche.
E il Tribulaun di Fleres? Questa immensa montagna, che supera di poco i tremila metri, è rimasta "tagliata fuori" dal novero delle Dolomiti e non le è stata nemmeno concessa la meritata considerazione storica. Peccato perché la sua sagoma imponente quanto elegante è un ideale trait d'union tra le Dolomiti ed il Cervino. Ed il profilo della montagna domina paesaggi davvero indimenticabili.
Ma, nello stesso tempo, che fortuna! Perché tale "estraneità" consente a questo massiccio dolomitico (di fatto ma non di nome) di godere di una relativa tranquillità: la discreta fatica richiesta dalla camminata che si avvicina alle sue pendici, presidiate dal rifugio Calciati al Tribulaun e riflesse nel laghetto Sandes, è un'ulteriore garanzia di ... tranquillità. I novecento metri di dislivello tra il rifugio ed il fondovalle, infatti, non consentono un afflusso di massa come da altre parti nelle Dolomiti (per così dire, ufficiali!).
Quanto sopra spiega anche perché sulle più frequentate montagne di Vipiteno, attorno al Monte Cavallo, al centro del comprensorio sciistico locale, si trovi un percorso dedicato a Dolomieu.
Nel 2005, infatti, è stato inaugurato il sentiero che tocca sei malghe da Monte Cavallo fino alla malga Allriss in Val di Fleres ed è parte del progetto Leader + dell’Unione Europea.
La realizzazione è stata possibile grazie alla collaborazione della ripartizione Forestale dell’Ispettorato di Vipiteno, della ripartizione Natura e Paesaggio della Provincia Autonoma di Bolzano e alla collaborazione della comunità comprensoriale Alta Valle Isarco.
Si può partire dalle stazioni a monte di Monte Cavallo o Ladurns (in val di Fleres) oppure raggiungendo malga Allriss (sempre in val di Fleres).