autunno-lendine-min.jpg

Alpe Lendine ed Alpe Laguzzola

Ultimi giorni per ammirare lo spettacolo dei larici in Valle Spluga: complici le anomale temperature di ottobre, infatti, i lariceti più a valle sono ancora all'inizio della loro transizione verso i colori autunnali e camminare da Olmo a Lendine, passando per Zecca e Laguzzola, è un'esperienza davvero appagante.
Non solo colori, ma anche tante storie perché si passa per alpeggi ancora "vivi" come Lendine e Zecca - frequentati da chi ha rilevato le antiche baite, un tempo ricovero di pastori ed agricoltori - e maggenghi abbandonati, come Corseca, ormai "avvolto" dal bosco che si è ripreso i suoi spazi.

Partenza da Olmo, 1056 metri di quota, diciotto tornanti e sei chilometri a monte di San Giacomo Filippo. E' uno dei luoghi "guanelliani" perché anche qui il prete divenuto santo esercitò le proprie funzioni. Ed è una località curiosa... per la tradizione di offrire acquavite a tutti gli invitati ad un matrimonio (bambini compresi) o per l'invenzione di un dialetto del dialetto, per non farsi capire dai "forestieri" durante trattative e mercati (fonte: www.paesidivaltellina.it).
Tra i prati e radi boschi si cammina in direzione di Zecca (oggi raggiungibile anche in auto) e qui si sceglie se salire prima a Lendine (preferendo la salita più dolce) o prima a Laguzzola (godendo del favore della luce del mattino sulle case di questo alpeggio).

Zecca, a 1162 metri di quota, deve il suo nome non al temibile parassita ma ad una certa aridità dei suoi dintorni (Zecca da “seca”): l'alpeggio, su un pendio esposto a nord est, è davvero caratteristico ed è costituito da una discreta quantità di baite in pietra locale e legno.

Andando in senso orario, si seguono quindi le indicazioni per l’Alpe Lendine e si prende quota su leggerissima pendenza passando per altri alpeggi che, più o meno abbandonati, sono ormai nascosti da una vegetazione sempre più fitta. Tra questi Corseca che, nel nome, ribadisce la scarsità d’acqua dei dintorni (“corte secca”).
Poco dopo questa località un ponte su un fragoroso torrente (1500 mslm, come a voler smentire i toponimi appena incontrati) apre le porte al gran finale della salita verso l’Alpe Lendine. Oltre il torrente, le pendenze si fanno appena più significative ma la camminata rimane agevole e mai affannosa, su un comodo sentiero dove le rocce sono ammorbidite da un soffice tappeto di aghi di larice.
Dopo qualche rampa, si apre la vista sull’Alpe Lendine (un tempo nota come “alpe di Olmo”). Ampia e soleggiata, dominata dalla mole del Pizzaccio (alto 2588 metri), l’Alpe è stata ristrutturata e non sono poche le persone che vi trascorrono un periodo di villeggiatura durante i mesi più caldi.

Crocevia di vari sentieri, dall’Alpe Lendine si procede senza particolari problemi di orientamento verso l’Alpe Laguzzola (distante un’oretta di cammino) la cui fisionomia è ben diversa: si trova, infatti, esposta ad est su un pendio erboso cinto dai larici. E’ possibile effettuare una deviazione verso il lago Grande, allungando di circa mezz’ora.
Tra Lendine e Laguzzola il sentiero si snoda nel sottobosco, recentemente spolverato da qualche centimetro di neve, offrendo numerosi saliscendi. Superata Laguzzola, invece, si scende con decisione verso Zecca: il sentiero, sempre comodo e ben percorribile, si fa però ben più ripido.
Da non perdere la vista su Dalòo, sormontato dai giganti di granito che chiudono a sud la val Bregaglia, dall’altra parte della Valle Spluga, sopra Chiavenna.
Rientrati a Zecca si ripercorre l'itinerario di salita per arrivare ad Olmo.
 

  08/11/2022

Condividi su  -