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Vista sulla vedretta occidentale di Fellaria (scorri la gallery!)
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Vedretta orientale di Fellaria: dal rifugio Bignami
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Laghetto ai piedi della vedretta orientale di Fellaria
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Il laghetto delle Forbici, sul sentiero tra i rifugi Carate e Marinelli Bombardieri
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Bivacco Marco e Rosa e il Bernina dal rifugio Marinelli Bombardieri
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Cime della Musella dal rifugio Marinelli Bombardieri
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Piz Roseg dal rifugio Marinelli Bombardieri
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Il rifugio Marinelli Bombardieri
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Vedretta di Scerscen dal rifugio Marinelli Bombardieri (e i segni del ritiro)
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Vedretta Scerscen inferiore dal rifugio Marinelli Bombardieri
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Capre si riposano all'Alpe Prabello
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Antiche baite all'Alpe Prabello
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Rifugio Cristina ai piedi del Pizzo Scalino
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Monte Rosso da Chiareggio
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Al passo del Muretto, sguardo in Svizzera
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Cime tra Pioda e Sissone da Chiareggio
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Trekking in alta val Malenco (foto Ganassa)
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In val Malenco
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Val Sissone (foto Ganassa)
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Autunno in valle Ventina
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Cime di Rosso e Vazzeda
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Al rifugio Gerli Porro
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Il ghiacciaio di Ventina
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Rifugio Gerli Porro
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Alpe Campagneda, verso il rifugio Cristina (foto Ganassa)
Lombardia

Val Malenco

L'Alta Via della Valmalenco è un percorso escursionistico in quota costituito da otto tappe per circa 110 km, che alla fine riporta al punto di partenza, oppure si può spezzare in mini Alte Vie di soli 2 o 3 giorni. C'è un itinerario principale ma anche diverse varianti che uniscono i più importanti rifugi della Valmalenco. Durante il tragitto si toccano i punti maggiormente significativi e panoramici della valle: la conca di Chiareggio, il lago Palù, il vallone dello Scerscen, le dighe di Campo Moro e di Campo Gera. Nel fantastico panorama tra pascoli, alpeggi, laghi, boschi, cave e valichi si possono ammirare i maestosi ghiacciai del Disgrazia, del Bernina e dello Scalino. Nonostante la buona segnaletica, composta da triangoli o scritte di color giallo con i numeri delle tappe, l' Alta Via non è una passeggiata, ma richiede un discreto sforzo fisico e una buona preparazione. Ci sono infatti alcuni tratti che non devono essere affrontati con superficialità, ma con un equipaggiamento da montagna, comprendente picozza e ramponi. Prudenza e attenzione sono comunque qualità richieste a tutti; i pochi incidenti capitati sono successi soprattutto per sbadataggine. Le difficoltà maggiore si hanno il sesto giorno nel quale vi è l'attraversamento della Vedretta di Caspoggio (2983 mslm) tra i rifugi Marinelli e Bignami. L'allenamento è comunque consigliato per le tappe più impegnative. Siccome si toccano quote attorno ai tremila metri l'Alta Via risulta effettuabile solo nei mesi estivi.
da www.valmalenco.it

Ma non esistono solo alte vie e percorsi impegnativi per scoprire la val Malenco. Una ricca raccolta di percorsi di vario impegno si trova sul sito del Consorzio Turistico, www.valmalenco.it

Clicca invece questo link per i dettagli del Sentiero Glaciologico Marson che da Campo Moro conduce fino alla vedretta orientale di Fellaria, passando dal rifugio Bignami. Un sentiero affascinante quanto interessante e formativo!

La val Malenco si può dividere in due sotto-settori, uno più occidentale, verso Chiareggio, molto schematicamente attorno al monte Disgrazia, ed uno più orientale, ancor più schematicamente attorno al Bernina ed alle dighe di Alpe Gera e Campo Moro.

In fondovalle, tra storia, natura e cultura, corre il sentiero delle Contrade di Chiesa Valmalenco. Partendo dalla vecchia casa parrocchiale nei pressi della chiesa dedicata ai santi Giacomo e Filippo si passa dal monumento ai Caduti, dall'ex-albergo Bernina, il primo aperto in valle, un'antica Santella ed altri luoghi di pregio.



VAL MALENCO ORIENTALE

RIFUGIO MARINELLI BOMBARDIERI
Una bella escursione conduce al rifugio Marinelli Bombardieri, 2800 mslm. Si parte dalla diga di Campo Moro, a poco meno di 2000 mslm, e si prende quasi subito a salire lungo le pendici di un costone roccioso. Si fatica parecchio prima di infilarsi in un bel bosco di larici dove il sentiero spiana un po'.
E' una pausa momentanea: presto, usciti dal bosco, la salita torna a farsi continua e sempre impegnativa fino a raggiungere i 2600 mslm del rifugio Carate. Quest'ultimo tratto, proprio per la fatica richiesta, è noto come tratto dei "sette sospiri".
Il rifugio Carate è un ottimo punto tappa ma il vero spettacolo è appena dopo: dalla Bocchetta delle Forbici si ammirano pizzo Glüschaint (alto 3594 metri), la Sella (3584 mslm), i Gemelli (3500-3497 mslm), pizzo Sella (3511 mslm), Piz Roseg (3920 mslm) ed il pizzo Scerscen (3971 mslm). Il Pizzo Bernina si lascerà vedere poco dopo, scendendo verso il pittoresco lago delle Forbici, e durante il finale della salita al rifugio Marinelli Bombardieri.
Con vista sui ghiacciai dell'alta valle, l'ultima parte del sentiero si divide in tre settori: dalla bocchetta si scende sulle pietraie per alcuni minuti prima di portarsi su un pianoro erboso ed infine iniziare l'ultimo strappo, una decisa risalita fino al rifugio, posto a poco più di 2800 metri di altitudine.



RIFUGIO CRISTINA ALL'ALPE PRABELLO
Ai piedi del Pizzo Scalino e nel cuore dell’Alpe Prabello (nome non casuale!), il rifugio Cristina è una delle più amate destinazioni della val Malenco. La posizione, come detto, è splendida, con il Pizzo Scalino ad incombere sul rifugio ed il Disgrazia a dominare l’orizzonte così come i ghiacciai che si intravedono verso nord; l’alpeggio è fiabesco con le sue antiche baite in pietra locale perfettamente mantenute e ristrutturate ed il pascolo è ancora vivo. Non è raro, infatti, trovare decine di capre intente a brucare o riposare sui prati attorno al rifugio o proprio tra le baite.
Infine, arrivare al rifugio Cristina è davvero facile.
Le vie d’accesso sono molte: trascurando ardite partenze da Campo Franscia, si può decidere di partire dall’Alpe Largone o da Campo Moro passando, o meno, per il rifugio Ca’ Runcasch (altra meta particolarmente amata). Il modo più veloce per arrivare al rifugio Cristina, ed impiegarci così circa un’ora, è partire dal primo parcheggio di Campo Moro, appena dopo la seconda delle otto gallerie del tratto Campo Franscia – Campo Moro.
Potendo, si può svoltare a destra e salire per diverse decine di metri in auto, arrivando fin dove l’asfalto lascia lo spazio al fondo sterrato e la strada viene chiusa. Si risparmiano così dieci minuti di salita non troppo gratificante. Attenzione: il parcheggio è a pagamento dal 2020 e al momento della nostra visita il costo giornaliero era di sei euro pagabili solo in moneta o mediante EasyPark.
Dal parcheggio, dunque, a circa duemila metri di altitudine si prende a salire lungo la forestale, che alterna tratti cementati a tratti sterrati: sono frequenti ed evidenti diverse scorciatoie che, su sentiero, si addentrano in un bel bosco di abeti e pini mughi. Sono una tentazione cui cedere senza esitare: camminare su un sentiero tra rocce e radici, su un letto di aghi di conifere, è sempre la scelta migliore!
Dopo 20-30 minuti si arriva in vista delle baite dell’Alpe Campascio di Caspoggio: non si raggiungono, però. Seguendo le indicazioni, si supera un rivo e si prosegue su un sentiero che inizia a salire con più decisione nel bosco. Tra rocce ed abeti si raggiungono un paio di pianori spesso paludosi: queste “zone umide” si costeggiano camminando sul loro bordo meridionale.
Un ultimo strappo in salita conduce alla forestale di servizio al rifugio Cristina: si apre (e si chiude) il recinto che delimita il pascolo e si prosegue in saliscendi per circa dieci minuti fino ad arrivare all’Alpe Prabello ed al rifugio Cristina!
Come detto, il panorama è davvero ampio. Il ghiacciaio di Fellaria si lascia ammirare verso nord, dove la val Malenco confina con la Svizzera, mentre il Disgrazia spicca verso ovest. L’ambiente bucolico in cui si cammina completa il quadro di una bellissima giornata tra le Alpi lombarde.



VAL MALENCO OCCIDENTALE

PASSO DEL MURETTO
Vi fu un ventennio nel quale la Valtellina fu al centro della storia d'Europa. Non fu un bel periodo per questa terra, saccheggiata ed impoverita dal passaggio degli eserciti che se ne contendevano il controllo. Si combatteva la guerra dei Trent'anni (1618-1648), che vedeva schierati, su fronti opposti, da una parte la Spagna e la corte asburgica di Vienna, dall'altra la Francia e, in Italia, la Repubblica d Venezia. Gli Spagnoli dominavano Milano, mentre i domini assurgici raggiungevano il Tirolo. In mezzo stava proprio la valle dell'Adda, che assunse, quindi, un ruolo strategico decisivo, in quanto il suo controllo da parte degli spagnoli avrebbe assicurato il collegamento fra i due potentissimi alleati.
La valle era però, da più di un secolo, possesso della Lega Grigia, i Grigioni, che facevano parte della Confederazione Svizzera. Costoro erano protestanti, mentre in Valtellina la fede cattolica era rimasta largamente maggioritaria. Di qui una crescente tensione fra i Grigioni e le maggiori famiglie valtellinesi, determinate a resistere ad ogni tentativo di infiltrazione del Protestantesimo nella valle. In questo clima di tensione si inserisce l'episodio che segnò una sorta di punto di non ritorno. Nicolò Rusca, che da ventott'anni reggeva con grande energia la parrocchia di Sondrio, venne rapito da una sorta di incursione dei soldati svizzeri e portato a Thusis, dove era stato costituito un tribunale speciale, lo "Strafgericht": qui morì, sotto tortura, il 4 settembre 1618. L'episodio suscitò uno scalpore enorme, e convinse i cattolici a preparare una ribellione sanguinosa che ebbe inizio a Tirano il 19 luglio 1620, con la strage di Protestanti nota come "sacro macello valtellinese".

da www.paesidivaltellina.it
L'escursione al passo del Muretto, così ricco di storia, è decisamente lunga ma propone pendenze non impegnative, seguendo il tracciato di una mulattiera costruita durante la Prima Guerra Mondiale. Il miglior periodo è l'autunno, quando le latifoglie ed i larici regalano i migliori colori dell'anno.
Si parte da Chiareggio, e dalla pineta di Pian del Lupo, a poco più di 1600 mslm: si cammina per circa un'ora nel bosco prima di uscire tra i prati dell'Alpe dell'Oro, prossima a quota 2000 mslm. Il panorama è aperto su diverse cime tra cui spicca la sagoma del monte Disgrazia.
S'intuisce verso nord l'intaglio roccioso del passo del Muretto: la salita prosegue su pendenze modeste e si fa più irregolare e severa solo dove abbandona il tracciato della mulattiera per divenire momentaneamente sentiero. Si tratta di una deviazione resasi necessaria per superare un tratto franato.
A 2560 mslm si perviene al valico oggi così tranquillo ma dalla storia tanto importante non solo per i citati fatti di sangue ma anche dal punto di vista mercantile: un cippo ne evidenzia il carattere internazionale.
La discesa avviene per l'itinerario di salita.
Un consiglio: raggiungere l'Alpe dell'Oro appena dopo il disgelo, tra fine aprile ed inizio maggio, indimenticabili le fioriture di crocus!



RIFUGIO DEL GRANDE CAMERINI
Il rifugio è situato alla Bocchetta Piattè di Vazzeda (2580 mslm) nel gruppo Masino - Bregaglia - Disgrazia con un bellissimo affaccio sulla Vedretta di Vazzeda. Fu costruito nel 1937 da un gruppo di amici, in ricordo di Mario Del Grande, perito sulla Punta Rasica nel 1936, e di Remo Camerini, precipitato nel 1926 dal Sigaro in Grigna Meridionale. Pochi anni dopo venne donato al CAI di Milano. Seguirono anni con alterne fortune finché la struttura, nel 1985, passò al CAI della briantea Sovico che lo acquisì definitivamente nel 2001 apportando alcune migliorìe fino agli anni più recenti.
Come si arriva al rifugio Grande Camerini? L'accesso al rifugio è impegnativo ed avviene per diverse vie, la più classica è raccontata sotto, con le parole del CAI di Sovico (www.caisovico.it) che in gestione il rifugio.
Da Chiareggio (1600 mslm) si prosegue lungo la strada fino in località Pian del Lupo dov’è possibile parcheggiare l’auto. Si continua a piedi lungo il fondovalle detritico e ci si inoltra nell’abetaia del piano oltrepassando alcune baite. Superato il ponte sul torrente Mallero troviamo subito sulla destra le indicazioni per il rifugio. Il sentiero sale deciso nel bosco guadagnando subito alcuni metri di dislivello, fino a giungere sulla sponda in direzione del torrente appena attraversato.
Dopo alcuni minuti ci troviamo a oltrepassare una zona battuta da una valanga e dove il sentiero torna a salire fino ad incrociare il sentiero n.325/1 che porta al vicino rifugio Tartaglione. Poco oltre, già in vista del ponte, si attraversa il torrente guadagnando l’Alpe di Vazzeda Inferiore (1830 mslm). Qui il sentiero gira e punta in direzione nord verso la cima del pascolo raggiungendo alcune roccette, circondati da caratteristici pini mughi.
La salita si fa sempre più ripida fino ad una valletta dove, con numerosi tornanti, raggiungiamo un piccolo ripiano che precede la soprastante Alpe di Vazzeda Superiore. Con l’ausilio di alcuni gradini artificiali si supera il breve salto di roccia che  divide dall’alpeggio (2000 mslm). Si prosegue in direzione delle baite ormai abbandonate e, tralasciando il bivio per il più lontano passo del Forno (sentiero n.326), si prende a sinistra in leggera salita raggiungendo il bosco di larice e pino cembro che sale fin verso la morena soprastante.
Con numerosi tornanti il sentiero principale si disperde in tracce che si intersecano tra di loro e si guadagna quota tra mirtilli e rododendri fino ad abbandonare in direzione sud-ovest la morena (triangolo giallo dell’Alta Via e CAI) e raggiungere il primo di numerosi corsi d’acqua che scendono dal ghiacciaio del Vazzeda.
Da qui si prosegue inizialmente in leggera salita lungo un traverso fino a quota 2400 mslm attraversando vaste praterie alpine e corsi d’acqua fino ad arrivare quasi sulla direttrice del rifugio.
Il sentiero ora punta deciso in direzione del crinale superando gli ultimi prati magri e roccette e raggiungendo il bivio (sentiero n.326/2) che conduce al passo del Forno. Si supera quest’ultimo e si prosegue fino all’ometto soprastante già in vista del rifugio che si raggiunge in pochi minuti (2580 mslm).
In tutto cinque ore per poco meno di mille metri di dislivello.



ALPE VENTINA
In val Malenco i mesi di ottobre e novembre sono un vero trionfo di colori. Basta spingersi oltre Chiesa in Val Malenco ed oltre le cave di serpentino, per immergersi in un mare di larici che raggiunge il suo culmine tra Chiareggio e le pendici dei Tremila che chiudono la valle a sud (monte Cassandra e monte Disgrazia), ad ovest (Cime di Rosso e di Vezzeda) e a nord (Monte Forno).
A presidio della valle Ventina ci sono due rifugi, il Gerli-Porro, aperto anche in autunno, ed il Ventina (chiuso ad ottobre e novembre, quantomeno nella stagione 2022): sono posti a poche decine di metri uno dall'altro, a circa 1950 metri di altitudine.
Si trovano in una posizione "di transizione" dai lariceti al mondo post-glaciale. Per arrivarci basta un'ora di salita, nemmeno troppo impegnativa, da Chiareggio. Tutto il tracciato si svolge lungo un'ampia mulattiera che non pone pericoli di orientamento o passaggi troppo tecnici. E' una salita adatta anche ai bambini, purché in grado di superare i trecento metri di dislivello dai 1630 mslm del fondovalle ai 1950 mslm dei rifugi.
Ovviamente, sono possibili varianti ed estensioni.
Il primo dei due rifugi - come si diceva aperto fino a fine settembre e poi nei weekend fino ad Ognissanti (verificare, però, con i gestori) - è di proprietà del Cai di Milano ed è stato costruito nel 1936: ricorda, nel nome, l'alpinista milanese Augusto Porro. Nel 1992 è stata aggiunta una dedica ad Amerigo Gerli perché la sorella Maria Rota finanziò l'ampliamento della struttura che oggi si presenta come una vera capanna alpina, rustica ma accogliente, con una bella stufa che riscalda anche gli ambienti superiori.
Nelle giornate di sole il pranzo all'aperto regala un'ottima vista sul ghiacciaio e sui tremila che chiudono a sud la vallata.
Inconfondibile il tetto rosso!
Il foliage è sicuramente uno dei motivi principali per camminare tra la valle Ventina, la val Sissone ed il fondovalle ma arrivare al rifugio Gerli Porro apre anche le porte del ghiacciaio Ventina, una vedretta in forte arretramento che è monitorata e studiata dal Servizio Glaciologico Lombardo (SGL).
Nel 1992, lo stesso SGL ha realizzato un sentiero glaciologico dedicato a Vittorio Sella, pioniere della fotografia di montagna. Il tracciato è rivolto a tutti gli escursionisti e permette di valutare, attraverso la lettura di targhe e cartelli esplicativi, le variazioni del ghiacciaio del Ventina avvenute negli ultimi secoli.
Il sentiero si sviluppa ad anello sul fondo della Val Ventina, iniziando e terminando nei pressi dei due rifugi, con una lunghezza complessiva di circa tre chilometri ed un dislivello in salita di soli 175 metri può essere completato senza eccessiva fatica in circa un’ora e mezza.
Un po' più impegnativo - e decisamente più lungo - è arrivare alla fronte del ghiacciaio che, come noto, arretra ogni anno. E' impressionante, osservando le morene, immaginare quanto ghiaccio è stato perso in pochi decenni.
Lungo il sentiero, sia in salita sia in discesa, una serie di targhe permette al visitatore di identificare le morene deposte dal ghiacciao nel periodo che va dalla Piccola Età glaciale (1550-1850) ai giorni nostri, nonché di osservare le posizioni raggiunte dalla fronte del ghiacciao durante il suo progressivo ritiro, identificabili grazie alla presenza di segnali glaciologici oppositamente evidenziati.
Per chiudere, tornando al foliage ed al suo albero simbolo - il larice, lungo il sentiero tra l'Alpe Ventina ed il lago Pirola si può individuare un larice millenario!
 

Su www.cicloweb.net:
- un approfondimento sui ghiacciai della val Malenco,
- la guida alla val Malenco ed ai suoi dintorni,
- gli itinerari per pedalare in val Malenco,
- una ciaspolata da www.ciaspole.net: il rifugio Cristina in inverno,
- varie idee per ciaspolare in val Malenco, sempre da www.ciaspole.net

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