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Il Cimon della Bagozza dalla conca dei Campelli (scorri la gallery!)
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La partenza a Cimalbosco (sentiero 428)
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Possono camminare anche i bambini
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Campione e Campioncino
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Monte Gardena dal sentiero 428
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Cimon della Bagozza
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Camminando ai piedi del Cimon della Bagozza
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Quasi al passo Campelli
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Rifugio Campione
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Malghe e Concarena verso la val di Scalve
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Fioriture di maggio
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Fioriture e Caré Alto sullo sfondo
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Pomeriggio alla conca dei Campelli
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Cimon della Bagozza, simbolo della zona
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Muretti a secco, Campione e Campioncino sullo sfondo
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Malga Campelli bassa
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Alla conca dei Campelli
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Lago Campelli
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Fioriture tra i larici dei Campelli
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Il Cimon della Bagozza si specchia nel lago Campelli
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Attorno a Malga Bassa di Campelli
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Vista sul passo Campelli
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L'autunno nella piana dei Campelli
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Profili autunnali sulle pendici attorno ai Campelli
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L'imponente diga del Gleno
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Vilminore di Scalve e la Presolana
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Presolana dalla val di Scalve
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Sul 411 verso la diga del Gleno
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L'ultima parte del sentiero 411 è intagliata tra le rocce
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Baita Bassa del Gleno
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Valle del Gleno
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Laghetto del Gleno, diga e monte Ferrante
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Fioriture a monte di Vilminore di Scalve
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Fioriture a monte di Vilminore di Scalve
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Fioriture a monte di Vilminore di Scalve
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Il campanile di Pianezza (Vilminore di Scalve)
Lombardia

Val di Scalve

La passeggiata al passo Campelli, partendo dal tornante di Cimalbosco, sulla strada per il passo Vivione ed a due passi dal rifugio Bagozza, scorre senza grande impegno e regala ampi panorami da mattina a sera.
Si parte, come detto, da località Cimalbosco, da una radura che spezza il fitto bosco di conifere all'ombra del quale si snoda la stretta provinciale per il passo Vivione. Schilpario dista meno di otto chilometri.
Quota di partenza: 1569 mslm. Un cartello indica 2.8 km per il passo: evitando divagazioni qua e là si rivelerà veritiero (segnavia 428).
La camminata è subito impegnativa, la salita non toglie il fiato ma non è nemmeno banale: si guadagna rapidamente quota fino ad uscire dal bosco immergendosi nella cosiddetta conca dei Campelli, un vero paradiso orobico che raggiunge il suo "optimum" in primavera, quando le fioriture accendono di colori i prati verdeggianti, in inverno, quando la neve ammanta ogni angolo della conca, ed in autunno quando i larici si infiammano di infinite tonalità di giallo ed arancione, rendendo il quadro ancora più suggestivo.
Nonostante la quota non elevata l'intera passeggiata si svolgerà "in campo aperto": nelle giornate più calde e soleggiate è un fattore da tenere presente.
Proprio appena fuori dal bosco di conifere si incontrano il bivio con il sentiero che conduce a monte Gardena, un ponticello ed una baita circondata da un caratteristico muretto in pietra (malga bassa dei Campelli, 1640 mslm). Si continua a camminare, tra ampie radure e radi passaggi tra larici ed abeti fino a raggiungere un nuovo prato, quasi pianeggiante, dove si intravedono le indicazioni per il lago Campelli.
Qui è già vastissimo il panorama sul Cimon della Bagozza e le vette che segnano il confine con la Val Camonica ed il bresciano (gruppo del Concarena): il profilo aguzzo e slanciato di queste montagne è valso loro il soprannome di Dolomiti scalvine anche se la loro struttura geologica è di tipo calcareo, ben diversa, dunque, da quella delle Dolomiti.
La camminata prosegue su un'ampia traccia, una pista forestale sterrata talora intervallata da qualche metro cementato, sfiorando alcune malghe e prendendo quota con costanza ma senza mai offrire tratti ripidi o esposti. Se il Cimon della Bagozza incombe severo sul percorso, più lontana si staglia nell'orizzonte la sagoma della Presolana, la "Regina delle Orobie".
Dopo aver sfiorato un torrente e superato malga Campelli alta (1815 mslm), la traccia si porta alla base del verde pendio che culmina con la vetta del Campioncino per poi raggiungere, quasi improvvisamente, l'intaglio di passo Campelli (1900 mslm) dove lo sguardo si apre verso le montagne bresciane e, soprattutto, verso il gruppo dell'Adamello dove spiccano, in particolare, il Carè Alto e l'Adamello stesso.
Proseguendo, come da indicazioni, per qualche centinaio di metri si raggiunge il rifugio Campione (1935 mslm) dove la passeggiata può concludersi. Il rifugio ha storia breve come ristoro per escursionisti ma affonda le radici in un lontano passato quando fungeva da abitazione per i lavoratori delle cave dei dintorni.
Escludendo le soste, la salita può richiedere un tempo variabile da un'ora ad un'ora e trenta minuti. La traccia, come detto, è ampia e priva di pericoli. Assenti i tratti esposti. Uniche insidie: l'esposizione al sole ed il probabile affollamento sul percorso!

Numerose le deviazioni o le opportunità per estendere la passeggiata.
La più semplice richiede davvero pochi minuti ed è la digressione al lago Campelli, nelle cui acque si specchia il Cimon della Bagozza. Meno di dieci minuti per arrivarci ed altrettanti per tornare sulla pista principale, dislivello irrilevante (sentiero 417).
Impegnativa, ma breve, è invece la conquista della vetta del Campioncino (2105 mslm), circa centocinquanta metri più alto del rifugio Campione.
Infine, più lunga e faticosa è la salita al monte Gardena (2116 mslm) che si attacca poche centinaia di metri dopo la partenza da Cimalbosco seguendo le indicazioni che guidano attraverso le verdi pendici del monte, privo di alberi e splendidamente verdeggiante. Per arrivarci si segue dapprima una larga mulattiera, si supera un breve tratto su pendio erboso (attenzione) per poi prendere un sentiero che conduce fino alla vetta, punto di osservazione aperto a 360 gradi.

Clicca per aprire una mappa Kompass: da Cimalbosco al rifugio Campione


Come la tragedia del Vajont anche il crollo della diga del Gleno è una macchia gravissima sulla storia dell'idroelettrico italiano. Se tra Longarone, Erto e Casso il problema fu l'erosione dei pendii attorno alla diga del Vajont (che tuttavia resse al terribile impatto), in val di Scalve la disgrazia nacque proprio da difetti strutturali del manufatto che cedette, liberando un enorme quantitativo di acqua che in pochi minuti travolse intere vallate dalla Bergamasca al lago d'Iseo. Oggi rimane solo un piccolo invaso mentre ai margini del modesto sbarramento troneggiano i resti della diga crollata nel 1923.
La diga fu costruita tra il 1916 ed il 1923 e crollò, quindi, pochi mesi dopo la sua inaugurazione, il 1 dicembre 1923. Le tante indagini successive hanno evidenziato falle e carenze sia in fase di progetto sia in fase di realizzazione, con "cambi in corsa" tecnicamente discutibili dal lato delle soluzioni ingegneristiche e nella scelta dei materiali. Il 1923 fu caratterizzato da un autunno particolarmente piovoso e le perdite di acqua erano evidenti già prima del giorno del disastro. Nonostante le avvisaglie, le denunce e le paure, nulla fu fatto e quel 1 dicembre 1923 oltre sei milioni di metri cubi di acqua precipitarono a valle raggiungendo non solo i vicini abitati, come Pueggio e Dezzo, o gli impianti idroelettrici di Valbona e Povo ma anche località ben più distanti come Angolo (miracolosamente illesa), Boario e Darfo, nel fondovalle camuno. La particolare conformazione del territorio, infatti, facilitò la discesa tumultuosa delle acque che trovarono sulla loro strada gole e vallate profonde quanto anguste. Un contesto ideale per scivolare a valle rovinosamente.
In tre quarti d'ora la massa d'acqua arrivò nel lago d'Iseo. I numeri, mai confermati definitivamente, raccontano di 356 morti.
La camminata che porta ad ammirare i resti di questa diga, il laghetto e la bella vallata orobica è abbastanza impegnativa anche se tutto sommato breve.
Si parte da Vilminore (1018 mslm), caratteristico paese scalvino, dove si può salire in direzione di Pianezza (1265 mslm) scegliendo diverse soluzioni: un sentiero diretto, la via delle Cappellette (segnavia 4) oppure, più comodamente, uno dei bus navetta che partono dai vari parcheggi dislocati in paese (o volendo in bici). Chi sale a piedi trova appena a monte della parrocchiale di Vilminore le indicazioni per Pianezza, una caratteristica quanto raccolta frazione che si raggiunge in circa mezz'ora. La mulattiera, in questo tratto, propone pendenze discrete ed offre solo raramente momenti per rifiatare: sontuoso il panorama sulla Presolana e sul monte Ferrante.
Arrivati a Pianezza, tutti proseguono a piedi, seguendo il 411. Si prende, seguendo le indicazioni, una carrareccia cementata che tra i prati disegna un tornante per poi arrivare in un fitto bosco di conifere. Da qui inizia il tratto più impegnativo: il sentiero è sempre ampio, ma le pendenze sono severe ed il dislivello si guadagna passo dopo passo. Con fatica, prestando attenzione, dato anche il fondo pietroso, si prende quota fino a raggiungere una sorta di muretto nel bosco dove, improvvisamente, finiscono le fatiche.
Da qui, infatti, dove la segnaletica indica che mancano ancora trenta minuti prima di raggiungere la diga del Gleno: si prosegue sostanzialmente in piano, affascinati in particolare da lunghi passaggi letteralmente scavati nella roccia.
Inizia a scorgersi la diga che ormai dista davvero poco. Si apprezza, già a distanza, la sua imponenza che diviene massima quando ci si porta ai piedi del manufatto (1524 mslm). Struggente immaginare il dramma che seguì al crollo della parte centrale e fa impressione immaginare quanta potesse essere l'acqua contenuta nell'invaso e quanto violentemente abbia potuto abbattersi sulle vallate sottostanti.
Oggi, la valle del Gleno e le rive del lago artificiale invitano ad una sosta rilassante e piacevole, senza però dimenticare il tragico passato. Nelle acque del lago si specchiano la Presolana ed il monte Ferrante: è consigliabile salire in bassa stagione o nei giorni feriali. In caso di affollamento ci si può allontanare dalle rive del lago e godere di un po' di quiete nei prati attorno alla Baita Bassa del Gleno (1594 mslm), poco distante dal lago e dal torrente, lungo il sentiero che porterebbe fino al passo Belviso.
In stagione è aperto un chiosco dove è possibile ristorarsi.
Clicca per aprire una mappa Kompass: da Vilminore alla diga del Gleno


RIFUGIO ALBANI
Sono numerose le altre possibilità escursionistiche della val di Scalve, a partire, ad esempio, dalla salita al rifugio Albani (raggiungibile da Colere). La salita richiede un impegno di circa due ore e si svolge su un frequentatissimo sentiero che prende quota ai piedi della parete nord della Presolana: il dislivello dalla suggestiva frazione di Carbonera è di poco superiore ai 900 metri. Si segue il sentiero 403 senza timore di sbagliare: appena usciti dal bosco la sagoma della Regina delle Orobie accompagnerà ogni passo. E' bello salire in diversi momenti della giornata (meteo consentendo) oppure trattenersi in rifugio per osservare le diverse sfumature cromatiche che assumono le rocce della Presolana durante lo scorrere delle ore. In inverno ci si arriva con le ciaspole!
Una volta giunti al rifugio si può proseguire oltre, senza fatica troppo, fino ai 2080 mslm del passo dello Scagnello che apre le porte della Valzurio, laterale della valle solcata dal Serio.

 

SENTIERO DELLE OROBIE
Un percorso di circa centosessanta chilometri che permette di effettuare il periplo delle Orobie, appoggiandosi ai vari rifugi situati in queste montagne. Il percorso si effettua mediamente in cinque giorni (percorrendo, quindi, più tappe nello stesso giorno) e arriva alla quota massima di 2700 mslm.
Il sentiero delle Orobie Occidentali è un itinerario completo e diversificato che parte da Cassiglio e tocca i principali rifugi delle Orobie brembane, attraversando le zone più interessanti dal punto di vista naturalistico, ambientale ed alpinistico, arrivando a raccordarsi con il sentiero delle Orobie orientali al rifugio Calvi.
I due sentieri delle Orobie costituiscono un’attrazione di eccezionale rilevanza per coloro che amano la montagna. 
Il Sentiero delle Orobie classico parte da Valcanale e si snoda per ottanta chilometri fino al Rifugio Curò sopra Valbondione e poi raggiunge il rifugio Albani ai piedi della Presolana.
Lungo l'itinerario sono possibili diverse varianti che permettono, tra l'altro, di arrampicarsi sulle vette più elevate delle Orobie occidentali.
Il sentiero delle Orobie occidentali è mediamente percorribile in cinque giorni, con possibilità di pernottamento nei vari rifugi.

Sentiero Orobie Occidentale
1^ Tappa:
Cassiglio (602 mslm) - Baciamorti - Artavaggio - rifugio Lecco - Piani di Bobbio.
2^ Tappa:
Rifugio Lecco - rifugio Grassi - Pizzo Tre Signori - Bocchetta di Trona - rifugio Cesare Benigni.
3^ Tappa:
Rifugio Cesare Benigni - Alta Val Moresca - rifugio Passo San Marco 2000
4^ Tappa:
Passo San Marco - bivacco Zamboni - forcella Rossa - San Simone - Foppolo
5^ Tappa:
Foppolo - passo della Croce - Valcarisole - Valsambuzza - rifugio Fratelli Longo
6^ Tappa:
Rifugio F.lli Longo - La Selletta - Val Camisana - rifugio F.lli Calvi

Sentiero Orobie Orientale
1^ Tappa:
Valcanale (1100 mslm) - rifugio Alpe Corte (1410 mslm)
2^ Tappa:
Rifugio Alpe Corte - rifugio Laghi Gemelli (1968 mslm)
3^ Tappa:
Rifugio Laghi Gemelli - rifugio F.lli Calvi (2020 mslm)
4^ Tappa:
Rifugio F.lli Calvi - rifugio Brunone (2295 mslm)
5^ Tappa:
Rifugio Brunone - rifugio Coca (1892 mslm)
6^ Tappa:
Rifugio Coca - rifugio Curò (1915 mslm)
7^ Tappa:
Rifugio Curò - rifugio Albani (1939 mslm)
8^ Tappa:
Rifugio Albani - passo della Presolana (1350 mslm)


Alla via Decia, il percorso in più tappe inaugurato nel 2023, abbiamo dedicato una pagina intera: clicca qui!



Escursioni nella vicina Val Seriana: clicca! E nell'altro settore della montagna bergamasca, quello occidentale, a partire dalla val Brembana: clicca qui.
In bicicletta e mountain bike nelle montagne della Bergamasca: clicca per aprire gli itinerari in Valseriana e val di Scalve o per navigare tra i percorsi in val Brembana.
La guida alla val Brembana ed alle sue valli laterali oltre ad una guida sulla val di Scalve e la vicina Valseriana.
Ed inoltre ciaspolate in Lombardia, da www.ciaspole.net

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